martedì 26 novembre 2013

PLE

Cosa? PLE. Personal Learning Environment. Ambiente personale di apprendimento, per noi comuni mortali. Il professore dell'insegnamento di Informatica per l'Educazione ci ha presentato questo acronimo, ma non si è voluto spingere oltre, lasciandoci l'opportunità e la responsabilità di cercarne il significato per conto nostro. Wikipedia ci viene in aiuto.

Scopriamo quindi che, secondo Stephen Downes, il PLE è "...un nodo in una rete di contenuti, connesso ad altri nodi ed a servizi di creazione di contenuti usati da altri studenti. Diventa un'applicazione non istituzionale o aziendale, ma un centro di apprendimento personalizzato, dove i contenuti vengono riutilizzati e integrati a seconda dei bisogni e degli interessi dello studente stesso. Diventa quindi, non una singola applicazione, ma una collezione di applicazioni interoperanti - un ambiente piuttosto che un sistema."

E' bene anche sottolineare che la definizione di PLE nasce all'interno del "web 2.0", che rappresenta l'evoluzione della rete. Internet oggi non è più quella in cui navigavamo anni fa, in cui gli utenti potevano solo assorbire passivamente contenuti. Ora questi vengono creati dagli utenti stessi tramite blog, social network, piattaforme di condivisione documenti, cloud. L'utente può dare un contributo attivo alla rete.

Quindi, in breve, il PLE è quell'ambiente che aiuta lo studente a controllare e gestire il proprio apprendimento, tramite l'acquisizione di nuovi contenuti, il confronto tra di essi e la condivisione della propria rielaborazione.

Dividendo i miei apprendimenti in formali e informali, il mio PLE risulta essere qualcosa di questo tipo:

Apprendimenti formali: Alma Mater Studiorum, libri di testo, Wikipedia, Kiklos, Il Millepiedi, Moodle, Blogger, OpenOffice, Internet Explorer, MoZilla FireFox.

Apprendimenti informali: per questi potrei continuare a scrivere per ore e non finire la lista, diciamo che mi piace leggere libri e fumetti, suonare basso elettrico e chitarra, uscire con gli amici e discutere con loro davanti ad una buona birra, usare social network (facebook e twitter) e seguire vari blog e riviste online, guardare serie tv, cortometraggi e lungometraggi.

E voi come imparate?



Spugna sintetica

lunedì 25 novembre 2013

Errore 02: non mettersi in gioco

Ecco un cortometraggio davvero carino del regista Danny Sangra (http://www.dannysangra.com/), ringrazio l'Oltreuomo per la segnalazione. E' in lingua inglese ma è sottotitolato, quindi dovrebbe essere comprensibile ai più, buona visione!



A Lunch Break Romance from Danny Sangra on Vimeo.

Ora, qual è il succo? Il soundtrack spacca! Ok, no, non è quello (anche se è vero!)...che se il ragazzo fosse stato italiano questo corto sarebbe finito con i ragazzi che facevano sesso nei cespugli? No, neanche questo, anche se è interessante il fatto che il ragazzo esprima questo stereotipo. Credo che lo faccia un po' per discolparsi, visto che non prova neanche a intavolare una conversazione con una ragazza molto carina che gli sta accanto, nonostante abbia notato quello che "la gente dice che sia un segno di attrazione" (lei accavalla le gambe verso di lui, anche se noi sappiamo che lo fa per non far notare la macchia di zuppa), uccide il senso di colpa biasimando il suo non essere italiano. Se solo sapesse quante volte capitano a noi italiani queste situazioni!!

Quante volte evitiamo di aprire bocca, di incrociare sguardi, a volte anche di mandare messaggi? E per quale motivo? La paura di fare la figura del cretino, dello stalker, di non avere niente di intelligente da dire...la paura di mettersi in gioco.

Già, evitare il contatto è più comodo, altrimenti ci sono delle possibilità ma anche dei rischi. Meglio rimanere all'interno della propria zona di comfort. Se ne era già parlato nel post sul "rimandare", la zona di comfort è quello spazio di manovra costituito da percorsi che conosciamo bene, all'interno del quale i rischi sono ridotti al minimo. Come le possibilità.


Come si può notare nel grafico soprastante (graficone!), la magia che pervade questo mondo avviene al di fuori della zona confortevole. Bisogna farsi il favore di uscirne e mettersi in gioco per trovarla. Naturalmente non limitiamo questo discorso alle relazioni amorose con belle ragazze che mangiano zuppa senza glutine, estendiamolo allo studio (quante domande da fare al prof. di turno vi siete tenuti dentro per evitare gli sguardi dei colleghi?), al lavoro, alla vita di tutti i giorni.

Io sono sempre stato piuttosto legato alla mia zona di comfort, ma è da un po' che ogni tanto faccio un giro fuori e devo dire che non è per niente male! Ci vediamo "dove accade la magia".




giovedì 21 novembre 2013

Errore 01: rimandare

E' ora di tenere fede alla promessa fatta nel post iniziale (Un'inizio) e scrivere qualcuno dei miei errori. Ho scelto quello che reputo essere il più frequente e anche il più difficile da non ripetere: rimandare.

Promemoria 


E' da una settimana che mi gira in testa l'idea di scrivere questo post ma ho rimandato e rimandato ancora. Non che avessi cose più importanti da fare. A meno che non riteniate finire Sleeping Dogs una cosa più importante. O stare come un'ebete a fissare il pc leggendo roba scritta da altri, con una faccia tipo quelle fotografate da Julian Mauve (si ringrazia L'Oltreuomo per l'articolo).

Rimandare è il modo più semplice per perdere tempo inutilmente. A forza di rimandare esami sono giunto al mio settimo anno di università. C'è da dire che ho perso tempo soprattutto nei primi quattro anni, spesi a dare metà degli esami della triennale di Scienze Motorie, ma a Scienze della Formazione ho avuto vita più facile visto che mi sono stati passati un po' di crediti dall'università precedente. E ancora non sono esattamente in pari. Imperterrito. "Potresti avere due lauree a quest'ora" dice Madre, a ragione. Il mio Demone dell'Inadempienza è grande il doppio rispetto a quello di ZeroCalcare (Il demone dell'Inadempienza).

Si perchè i sensi di colpa sono tanti e pesano, ma in qualche modo li si zittisce sempre piuttosto facilmente in nome del divertimento o, più spesso, del meno sbattimento. Andrea di EfficaceMente individua quattro motivi che ci invitano a rimandare, qui. Io amo la mia zona di comfort!

E' un po' come lasciare le calde coperte in una gelida mattinata invernale e, effettivamente, il periodo autunno-inverno è per me il periodo più propizio a rimandare. Come uscirne?

Probabilmente ci sarebbe da fare tutto un lavoro sulla motivazione, la visualizzazione degli obiettivi, le tappe intermedie,ecc...però che sbatti!!!  

Sono bene accetti suggerimenti meno faticosi, intanto mi leggo come studiare quando non si ha voglia!!



mercoledì 13 novembre 2013

Guida per capire l'introverso di Shroeder Jones

Ecco un interessante guida per educatori e non, per farsi un'idea di come funziona la mente di una persona introversa (=proiettata verso l'interno). L'opera originale è di Shroeder Jones, la traduzione di Hilding Skov de l'Oltreuomo, trovate i link in calce.





Link originale: http://themetapicture.com/how-to-interact-with-the-introverted/
Traduzione: http://oltreuomo.com/guida-per-capire-lintroverso-schroeder-jones/

E' una guida breve, semplice e divertente, ma racchiude davvero il "segreto" per riuscire ad avere un buon primo approccio con persone particolarmente riservate, risulta quindi particolarmente utile per gli educatori che si ritrovano spesso a lavorare con persone con questo carattere.
 Penso che sia la dimostrazione grafica de "l'avvicinarsi in punta di piedi", metafora utilizzata spesso per indicare il metodo per iniziare la relazione d'aiuto.

In genere uso questo tipo di approccio quando non so bene chi ho di fronte, si può diventare più espansivi in seguito se notiamo una reazione di tipo "estroverso", mentre tornare indietro è di gran lunga più difficile. Può richiedere un po' di pazienza, ma senza quella il mestiere di educatore è una salita molto ripida.

In particolare, le parti principali da tenere bene a mente sono:

-Rispetta il suo spazio personale (la palla da criceto!)
-Mostrategli che riconoscete e approvate la sua presenza! Non ignoratelo!





martedì 12 novembre 2013

Un inizio

Eccomi. Da accanito lettore passivo, passo dall'altra parte della barricata e divento scrittore. Che parola grossa. Pensando alle Persone a cui viene accostato questo appellativo mi sento davvero minuscolo.

In realtà lo faccio perché devo, non certo per iniziativa personale. Uno studio sui blog per l'università. Nessuna vocazione, non mi sono svegliato stamattina con la brillante idea di condividere i miei pensieri con chiunque abbia voglia di leggerli. Cazzi miei no?

Sono sempre stato uno che piuttosto che dire fesserie stava zitto. Mi sono autolimitato tanto e comincio ad essere convinto che sia stato un grosso errore. Non si sa la portata delle cazzate che si hanno in testa finché non le si ripete a voce alta. O finché non le si scrive.

Del resto c'è un motivo se il blog l'ho chiamato "errando". Ed è che io sbaglio tanto. E spesso. E a volte fatico anche ad imparare dai miei errori. Poi che "errare" significhi anche girovagare è stata una felice coincidenza e la spinta definitiva per la scelta del titolo.

Magari poi sta cosa mi risulta utile sul serio. Magari mi metto a scrivere un po' degli errori che mi capita di commettere ogni giorno, potrebbero servire, se non a me magari a qualcun altro. O magari ci facciamo quattro risate. Più probabile la seconda. Boh, proviamo!